Editoriale

Una notte  di qualche anno fa, forse nel 2012, in ansia per il mio crollo economico e disperato per le conseguenze familiari, cercavo nervosamente un po’ di pace leggendo alcune pagine del Vangelo. Ero annichilito, svogliato. Improvvisamente, una realtà prese forma nelle poche righe che avevo sotto gli occhi: “Non è costui il figlio del carpentiere? (Matteo 13,55). E poi “Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria?” (Marco 6, 3).

Avevo scoperto due colleghi! Certamente il  mio grave  stato psicologico mi aveva portato a osare questo accostamento e dentro di me rifiutavo inizialmente di farlo “mio” ma poi, lentamente, mi piacque accarezzare l’idea, pur ponderandola ripetutamente. Il giorno dopo ero un altro: pur in ginocchio economicamente ero sempre uno di Loro, autonomo  e libero , impegnato e instancabile, pronto a tutto, avversità comprese. Questa fu la miccia della nascita dell’Associazione San Giuseppe Imprenditore.

Maturai che con due Campioni siffatti – Giuseppe e Gesù – il fare impresa era il lavoro più bello al mondo e mi rincuorai completamente. Dopo pochi giorni un‘altra  “verità“ si stampò nella mia mente: l’impianto della parabola più bella del Vangelo si regge sulla ricchezza accumulata da – lo si definirebbe così, oggi – un imprenditore agricolo. Infatti, il cuore del genitore poté esprimersi perdonando un figlio scialacquatore della ricchezza da lui accumulata.

Maturai quindi una  necessaria completa lettura del Vangelo che, una volta ultimata, annacquò del tutto la mia disavventura imprenditoriale: non ebbi più paura del mio passato . Iniziai  allora con gioia a colorare la nostra immagine di imprenditori, sbiadita e abbruttita dal comportamento di quattro colleghi farabutti. Sostantivo forte ma necessario per uscire dall’ipocrisia che spesso ci accompagna nel denunciare la realtà. Come? Premiando i migliori per capacità di fare reddito e cuore per reinvestirlo in altri posti di lavoro e soprattutto in generosa attenzione al sociale che ci circonda.

Ecco da dove nasce il Premio Impresa Etica, celebrato nel 2018 in quel di Asti, dove gli Oblati di san Giuseppe ci hanno accolto riconoscendo il valore della nostra missione. Pia Cittadini, tra le aziende premiate nella prima edizione, collega bresciana di fama consolidata, auspicò nel suo appassionato intervento di ringraziamento  che il premio non dovesse essere fine a se stesso ma, prendendo a prestito i nodi della rete che rappresenta il prodotto principale della sua azienda, suggerì che altri nodi potessero unire tutti i premiati al fine di costituire una schiera di atleti vigorosi nel fare buona ed etica impresa, seppur in una palestra irta di ostacoli. Guarda caso anche il  prodotto base della mia vecchia azienda era una rete (di acciaio). Soltanto una curiosa coincidenza? No: un susseguirsi di circostanze, piacevoli e inaspettate, dalla frasi del Vangelo ai nodi della rete,  che possono essere usate da un gruppo di coraggiosi per riabilitare il nostro indispensabile ruolo nella società.

Ora, in concomitanza con la seconda edizione del Premio Impresa Etica (16-17 marzo ad Asti), nasce la rivista “Impresa Etica”, un numero unico annuale il cui scopo è quello di raccogliere in un contenitore dedicato tutti i candidati al premio, affinché più voci esprimano il desiderio, con fatti concreti, di migliorare il mondo. Le maestranze, molto spesso dimenticate, riacquistano il loro giusto ruolo di importanza e le interviste di qualche loro rappresentante ne esaltano la fedeltà e professionalità. Non solo: il coro delle eccellenze si completa se le aziende invitano alcuni loro fornitori di fiducia a essere presenti nella rivista con una visibilità di prestigio. Nasce così una filiera etica di imprenditori “annodati” gli uni agli altri nel segno del giglio, fiore sacro per eccellenza, che diviene l’emblema della rivista stessa e dei suoi attori coinvolti.

W la buona ed estetica imprenditorialità e  W  San Giuseppe!

Lorenzo Orsenigo