Imprenditori e lavoratori uniti nel segno di Giuseppe

In occasione della Festa del Lavoro, l’associazione San Giuseppe Imprenditore – ASGI e la Compagnia della Buona Impresa, sotto l’egida della Congregazione degli Oblati di san Giuseppe e con il patrocinio della Camera di commercio e della Provincia di Asti, hanno promosso la prima santa messa “Fratelli Tutti”, alla quale hanno aderito tutte le organizzazioni datoriali e sindacali provinciali. La celebrazione, presieduta dal cardinale Peter Turkson, cancelliere della pontificia Accademia delle scienze sociali, si è tenuta sabato 30 aprile presso il santuario di san Giuseppe in Asti. L’iniziativa, ispirata all’enciclica di Papa Francesco, nasce dall’attività culturale e solidale dell’ASGI, che ad Asti ha già promosso il premio Impresa Etica, come spiega il presidente Lorenzo Orsenigo: «Noi crediamo nella figura storica di san Giuseppe non solo padre putativo e custode di Gesù, ma anche piccolo imprenditore artigiano nella Nazareth di duemila anni fa. Il nostro compito è far sapere a tanti imprenditori che Giuseppe e Gesù sono stati loro colleghi e che la figura di chi crea impresa e lavoro è fondamentale anche nell’economia della salvezza. Ecco perché abbiamo voluto condividere la festa del Primo Maggio con tutti coloro che del lavoro sono protagonisti e non antagonisti: imprenditori, partite Iva, lavoratori e tutte le organizzazioni che lo rappresentano». Ed è stato proprio lo sguardo di san Giuseppe, insieme a quello di san Giuseppe Marello, a benedire questa prima celebrazione  “Fratelli Tutti”: «Nel travaglio di questo tempo così problematico, tutte le realtà che operano all’interno del mondo del lavoro si incontrano nella memoria liturgica di san Giuseppe artigiano e, convergendo insieme, invocano l’aiuto del “Falegname di Nazaret” per guardare verso nuovi orizzonti», ha aggiunto padre Luigi Testa osj, assistente spirituale ASGI. Senza confondere ruoli e valori: «L’ASGI e la Compagnia della Buona Impresa cercano di abbattere i muri inutili che spesso dividono le persone nei luoghi di lavoro. La festa del lavoro è di tutti, quindi festeggiamola insieme salvaguardando abitudini e tradizioni. Domenica 1° maggio ci sono cortei e comizi a sottolineare il ruolo della parte sindacale, mentre sabato è toccato agli imprenditori festeggiare in azienda, per confermare e valorizzare il clima collaborativo che nella stragrande maggioranza delle imprese regna tutto l’anno».

L’OMELIA DEL CARDINAL PETER TURKSON

Riportiamo di seguito ampi stralci dell’omelia tenuta dal cardinal Peter Turkson, che negli incontri con i rappresentanti delle diverse parti sociali ha più volte ricordato che «la Chiesa non punta più il dito contro gli imprenditori ma anzi li chiama a condividere la missione di salvezza per il mondo».

La celebrazione nel Santuario di San Giuseppe in Asti della solennità di san Giuseppe lavoratore, partecipata dagli imprenditori, lavoratori e sindacati, ci offre un momento proficuo per riflettere su come è necessario fare festa per discernere il tipo di lavoro che vogliamo difendere (lavoro degno) e il tipo di sviluppo che vogliamo promuovere con il nostro lavoro (sviluppo amico dell’uomo). “San Giuseppe era un carpentiere che ha lavorato onestamente per garantire il sostentamento della sua famiglia. Da lui Gesù ha assistito al valore, alla dignità e alla gioia di ciò che significa mangiare il pane frutto del proprio lavoro” (Patris corde, 6). Nella luce di questa realtà e consapevoli che, “grazie al banco di lavoro presso il quale esercitava il suo mestiere insieme con Gesù, Giuseppe avvicinò il lavoro umano al mistero della Redenzione” (Redemptoris Custos, 22), viviamo questa celebrazione alla vigilia del Primo Maggio, memoria di san Giuseppe lavoratore.

È la prima volta che tutte le realtà che rappresentano il mondo del lavoro e ne costituiscono l’ossatura, convergono insieme per invocare da san Giuseppe l’aiuto e la protezione ciascuno secondo i propri compiti, ruolo e missione. Il senso del nostro esserci questa sera è nello spirito dell’enciclica “Fratelli tutti”, che ci invita a passare da una società di soci a una comunità di fratelli, e nel fatto che, come ricorda papa Francesco nella Patris corde: “In questo nostro tempo, nel quale il lavoro sembra essere tornato a rappresentare un’urgente questione sociale e la disoccupazione raggiunge talora livelli impressionanti, anche in quelle nazioni dove per decenni si è vissuto un certo benessere, è necessario, con rinnovata consapevolezza, comprendere il significato del lavoro che dà dignità e di cui il nostro Santo è esemplare patrono” (Patris corde, 6).

Grazie all’Associazione San Giuseppe imprenditore e alla Compagnia della buona impresa, il trovarci riuniti nel santuario di san Giuseppe in Asti, casa madre degli Oblati di san Giuseppe, diventa un chiaro segnale di comunione e di espressione di corresponsabilità, una concreta testimonianza di convergenza, di “fare insieme” con la collaborazione di molti. Allora vi ringrazio per aver accolto l’invito a partecipare a questa celebrazione e per invocare insieme l’intercessione del “Patrono dei lavoratori”. La sua figura diventa riferimento per datori di lavoro, lavoratori, sindacati e quanti sono impegnati a percorrere una strada di onestà e di corresponsabilità. È vero che esistono tavoli bilaterali, punti di contatto e d’intesa sul territorio, anche per il mondo del lavoro, ma il nostro incontrarci nella Casa di san Giuseppe vuole significare un entrare nella sua “bottega” per guardare al suo stile e al suo operare.

Siamo consapevoli che per la tradizione della Chiesa cattolica, il lavoro non è solo qualcosa che possiamo fare in cambio di qualcos’altro.  Il lavoro non è solo opus servile, ma piuttosto opus humanum; il lavoro è prima di tutto “una necessità, è parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale” (Laudato si’, 128).  Infatti, “siamo chiamati al lavoro fin dalla nostra creazione” (LS, 128), a “coltivare e custodire” il giardino del mondo (cfr Gn 2,15), a collaborare con il Figlio di Dio, attraverso il nostro lavoro, per la redenzione dell’umanità (cfr. Laborem exercens, 27). Il lavoro, oltre ad essere essenziale per la realizzazione di una persona, è anche una chiave per lo sviluppo sociale.  Lo ha detto magnificamente san Giovanni Paolo II, quando ha spiegato che “lavorare è un lavorare con gli altri e un lavorare per gli altri” (Centesimus annus, 31), e i frutti di questo lavoro “offrono occasione di scambi, di relazioni e d’incontro” (Compendio CSD, 273). Pertanto, il lavoro non può essere considerato come una merce o un mero strumento nella catena di produzione di beni e servizi (cfr. Laborem exercens, 7) ma piuttosto, poiché è il fondamento dello sviluppo, ha la priorità su qualsiasi altro fattore di produzione, compreso il capitale (cfr. Compendio CDS, 276). Da qui l’imperativo etico di “difendere i posti di lavoro” (cfr. Evangeliii gaudium, 203), e di crearne nuovi in proporzione all’aumento della redditività economica (cfr. EG, 204), come pure di assicurare la dignità del lavoro stesso (cfr. EG, 205).

Sappiamo anche che il lavoro è una partecipazione al disegno di Dio per l’uomo e all’opera stessa della salvezza e che la persona che lavora, qualunque sia il suo compito, collabora con Dio stesso, ma sappiamo anche che siamo chiamati a superare individualismi e chiusure per favorire maggiori possibilità di incontro e solidarietà per servire al bene comune e perché cresca un’economia di tutti e per tutti. Perciò questa celebrazione si pone nel dinamismo del servizio, per un dialogo orante e per essere artefici di un nuovo “umanesimo del lavoro”.

Si determina, così, anche il senso della Compagnia della Buona Impresa, che prende le mosse dalla bottega di san Giuseppe per portare avanti “sogni fatti a mano”, perché come ricorda papa Francesco, “non c’è buona economia senza buoni imprenditori”, e per testimoniare un percorso di sostegno nei confronti di tutti gli imprenditori, i liberi professionisti e le partite Iva in gravi difficoltà a causa della crisi: «Come potremmo parlare della dignità umana senza impegnarci perché tutti e ciascuno abbiano la possibilità di un degno sostentamento?» (Patris corde, 6).

San Giuseppe ha dovuto attraversare situazioni difficili e problematiche, la sua fede è stata messa alla prova, ma è stato un padre dal “coraggio creativo”. Ecco allora la strada da percorrere in compagnia di san Giuseppe, sapendo che la fede non ci mette al riparo dalle intemperie, però accompagnata dalle buone opere ci fortifica e ci rende capaci di essere perseveranti, con trasparenza, nel bene.