Dalla Rerum novarum al mercato assicurativo: la sfida di Cattolica Assicurazioni

Cattolica Assicurazioni esprime alcuni aspetti peculiari e originali: è una cooperativa, quindi con un capitale sociale molto esteso, ed è una delle poche compagnie assicurative italiane che hanno più di un secolo di vita. Come è stato costruito e consolidato questo successo imprenditoriale?
«Cattolica Assicurazioni nasce nel 1896 e oggi conta 24.500 soci. Si può dire che l’intelligenza di chi ha fondato la compagnia è stata quella di coniugare alcuni aspetti fondamentali. Innanzi tutto, proprio in quanto cooperativa, una forte presenza sul territorio; poi, il connubio fondativo
fruttuoso tra sacerdoti e laici; infine, l’unione d’intenti tra soci e azionisti. Siamo una compagine nata all’indomani della Rerum novarum, quando la Chiesa cercò di dare risposte alla crisi sociale di fine secolo. Per questo il cammino di Cattolica Assicurazioni si è mantenuto nel solco dell’originario legame con la sua identità. Ancora oggi leghiamo il nostro statuto, in particolare l’articolo 10, alla dottrina sociale della Chiesa cattolica: per essere soci bisogna presentare una dichiarazione di appartenenza e sequela a questi valori fondanti. Il nostro impegno costante è aver ereditato un’impresa che nello svolgimento della propria attività deve ogni giorno interrogarsi sulla coerenza del modello di business con i valori identitari di appartenenza».

Paolo Bedoni è dal 2006 presidente di Cattolica Assicurazioni, di cui è consigliere di amministrazione dal 1999 e componente del comitato  esecutivo dal 2001. È presidente della Fondazione Cattolica Assicurazioni dal 2011 e di Tua Assicurazioni, società del Gruppo Cattolica, dal 2018.

Quali sono oggi le criticità del mercato assicurativo in generale? E qual è la vostra visione per affrontarle?
«Facendo una riflessione sullo scenario nazionale, Cattolica Assicurazioni è l’unica compagnia assicurativa in forma di cooperativa. Questo fatto costitutivo ci ha sempre e comunque impegnato nell’avere una forte attenzione al cittadino consumatore, ovvero una continua disponibilità a interrogarsi sulle necessità dei consumatori, soprattutto nel contesto di un periodo di crisi molto ampio e profondo che non si è ancora concluso. La società è cambiata, nelle aspettative e nelle esigenze. Questo impatta anche sulla responsabilità di Cattolica Assicurazioni verso il proprio mercato di riferimento, andando alla ricerca dei fabbisogni dell’economia reale, quindi le persone, le famiglie, le piccole imprese. Dobbiamo poter interpretare le nuove domande e siamo in grado di farlo perché questo è il segreto di una cooperativa: il rapporto e il legame con il territorio. Per noi non è un richiamo a un bene comune generico: è la nostra capacità, evitando il localismo, di comprendere i bisogni a livello nazionale, di interpretarne la manifestazione in ambito territoriale e di proporre nuovi prodotti assicurativi tenendo sempre la barra puntata sull’etica del business.
L’etica non è un distintivo da appiccicarsi alla giacca, ma neanche un freno allo sviluppo. Lavorando in un certo modo, l’etica è un comportamento che genera un volano, a favore del profitto e della creazione di benessere sociale ed economico. Attraverso un’etica applicata si creano le condizioni per essere un soggetto esclusivo sul mercato assicurativo».

Quali sono le opportunità o le prospettive che Cattolica Assicurazioni sta focalizzando nel mercato business, ovvero imprese e partite Iva?
«La sfida è duplice. Da una parte siamo certi che il nostro valore identitario, cioè il riferimento statutario alla dottrina sociale della Chiesa, non sia un aspetto che coinvolge solamente i soci, ma tocca tutti i soggetti che fanno parte della nostra impresa, ovvero amministratori, dirigenti, collaboratori, agenti. Al di là dei piani industriali e dei progetti di sviluppo che si elaborano, riuscire a coinvolgere l’intera compagine societaria e sociale su questa visione d’impresa è la nostra sfida più grande. Non vogliamo competere con gli altri operatori solamente sui prodotti, che pure sono importantissimi, ma dobbiamo poter innovare e governare la rete di rapporti umani, diretti e capillari, cioè la vera chiave del nostro successo. La nostra rete è fatta di persone, soci e clienti, che interagiscono con i nostri agenti, che sono a piena conoscenza di questi valori. Il business è fondamentale, se è accompagnato da una consulenza e dalla capacità di interpretare le autentiche esigenze di persone, famiglie e imprese».

Con la sua fondazione, Cattolica Assicurazioni opera verso settori di particolare rilevanza sociale e culturale con politiche di investimento e sostegno. Avete “quantificato” il valore aggiunto di questo impatto sociale?
«Riteniamo che la reputazione di un’impresa come la nostra sia legata alla costruzione di un rapporto fiduciario nei confronti del cliente, ma anche alla capacità di ridistribuire ricchezza e risorse nel territorio di appartenenza. Per raggiungere questo obiettivo, dieci anni fa è nata Fondazione Cattolica Assicurazioni, che opera in ambito sociale sempre con la logica della cultura d’impresa. La Fondazione non è mai stata e non sarà mai un semplice “erogatore” di contributi, ma è un soggetto che interviene nel favorire e accompagnare processi che creano opportunità di sviluppo e di lavoro, anche nell’ambito del Terzo Settore. Ecco quale è il nostro vero impatto sul territorio: avere un’impresa che si muove secondo concetti di eticità e una fondazione che opera secondo criteri di cultura d’impresa. Questi concetti devono passare alle nuove generazioni attraverso iniziative culturali e soprattutto mediante un’importante attività di formazione; è il motivo per cui sosteniamo da sempre il Festival della dottrina sociale della Chiesa cattolica».

Il Gruppo Cattolica è uno dei maggiori attori del mercato assicurativo italiano e può contare su una raccolta premi di oltre 5 miliardi di euro a fine 2018. Oltre 3,6 milioni di clienti si affidano alle soluzioni assicurative e ai prodotti distribuiti da Cattolica e dalle altre società del Gruppo.