Gli uomini, e non gli algoritmi, creano lavoro

Lo incontriamo a Verona, in una parrocchia di periferia, non lontano dal grande padiglione che ogni anno – dal 2011 – raccoglie migliaia di visitatori interessati a conoscere, approfondire e praticare le grandi tematiche della dottrina sociale della Chiesa cattolica, nell’ambito del Festival da lui stesso ideato e animato. Monsignor Adriano Vincenzi, presidente della Fondazione Segni Nuovi e della Fondazione Giuseppe Toniolo, è oggi uno degli uomini di Chiesa più vicini e in sintonia con il mondo imprenditoriale.

Monsignor Vincenzi, tra gli aspetti cruciali della contemporaneità possiamo individuare la presenza capillare delle tecnologie nella vita quotidiana e le trasformazioni che esse producono nel mondo del lavoro. In che modo la Fondazione Segni Nuovi intende focalizzarsi su queste grandi tematiche sociali?

«Bisogna comprendere, innanzi tutto, che la tecnologia riguarda sempre e soltanto il modo in cui le cose vengono fatte, prodotto, realizzate. Noi, invece, abbiamo bisogno di capire anche il perché vengono fatte. La Fondazione Segni Nuovi cerca di trasmettere questa visione diversa della realtà, in modo che quello che facciamo sia sempre funzionale all’uomo. La tecnologia è neutra, non ha un volto o un fine. Potrebbe anche produrre dei risultati eccellenti, ma se non sappiamo verificare se questi esiti sono a favore dell’uomo, cioè sono un bene per l’umanità, potrebbero accadere –come è già successo – situazioni molto pericolose. Non è sufficiente dire “si può fare”, bisogna porsi anche la domanda “va bene farlo?”, oppure “perché lo facciamo?”. In questo modo riportiamo l’uomo al centro dell’azione, ovvero recuperiamo la centralità della persona. Oggi è facile dare una risposta o una soluzione attraverso un computer, un algoritmo, una tecnologia. Invece è tipico dell’umano dire se queste risposte possibili devono essere prima vagliate alla luce del bene per l’uomo stesso. Se di dimentichiamo questo secondo passaggio, perdiamo il controllo di quello che facciamo».

E’ una forte domanda di senso rispetto a ciò che l’uomo può immaginare o fare rispetto alle possibilità del progresso scientifico e tecnico. Il mondo imprenditoriale è decisamente interpellato da tale questione. E’ per questa ragione che da parte della Chiesa è cresciuta l’attenzione sul ruolo insostituibile dell’impresa per lo sviluppo sociale ed economico?

«Credo che l’importanza degli imprenditori e la relativa attenzione da parte della Chiesa cattolica nasca dalla consapevolezza che il lavoro, e quindi la possibilità di dignità sociale ed economica della persona, è generato da chi intraprende un’attività economica. Oggi c’è un grande bisogno di persone che sappiano fare impresa, cioè che creino lavoro. Ma il “fare” non è l’unico elemento da tenere in considerazione: bisogna avere uno sguardo rivolto agli scopi del fare. Per cui noi diciamo: va bene produrre, va bene fare, ma questa produzione deve avere il volto e il timbro di una persona. L’impresa di per se’ è anonima, io mi rivolgo agli imprenditori, perché è con le singole persone che si può verificare il cammino intrapreso e la direzione assunta, oppure ipotizzare scenari nuovi e possibili, sapendo che solo dove il fattore umano è rispettato e centrale rispetto allo sviluppo, allora è possibile ipotizzare qualcosa di creativo. La creatività, il generare nuove idee imprenditoriali e nuove forme di occupazione, è un’attività squisitamente umana. E’ per questo che parliamo di bene comune e non di semplice produzione del bene. E’ per questo che all’interno del modo di produrre ricchezza è contenuto anche il criterio con cui la ridistribuiamo. Se questo concetti non vanno di pari passo, noi stravolgiamo il concetto di impresa e soprattutto perdiamo il volto stesso dell’impresa, che è dato da quelli che lavorano e da quelli che si sono ingegnati e organizzati per avviare e condurre l’attività. Oggi servono imprenditori, e lavoratori, uniti da questa grande responsabilità senza sconti, in modo da poter anche ipotizzare forme nuove di relazioni economiche. La novità oggi è pensare che la produzione non sia più, soltanto, uno scambio di beni ma contenga anche uno sguardo verso il futuro, la costruzione di una reputazione, forme di gratuità e dimensioni relazionali arricchenti. Solo un uomo può affrontare queste sfide, non una macchina o una tecnologia; in caso contrario, continueremo ad operare senza sapere dove stiamo andando».

Queste affermazioni hanno un forte impatto sulla dimensione educativa e culturale, in ambito economico. Qual è oggi la visione e l’impegno della Fondazione Segni Nuovi per quanto riguarda la formazione dei giovani? C’è una particolare attenzione educativa rivolta anche al mondo degli imprenditori, delle partite Iva, dei lavoratori autonomi?

«Certamente la formazione ha un ruolo centrale, oggi, ma non possiamo limitarci al livello della cultura professionale o della creazione di competenze. C’è una questione valoriale che sta all’origine di tutto, tenendo presente che i valori non si trasmettono da soli ma vanno conosciuti e coltivati. Bisogna anche organizzarsi e lavorare affinché questi valori siano diffusi, rispettati e goduti. Se dimentichiamo che l’azione deve essere accompagnata da dimensione valoriale, noi distruggiamo la realtà. Dobbiamo poter spiegare ai giovani questi aspetti fondanti della vita, senza nasconder loro che c’è anche una sana fatica da affrontare, che ci sono anche sacrifici da fare per poter ottenere risultati e costruire il bene per se’ e per gli altri. Oggi si fa fatica a dire certi no e certi sì, perché mancano figure coraggiose in grado di proporre una visione, cioè un modo di pensare e agire che sia un fattore arricchente per tutti. Questo è il passaggio chiave per generare persone libere, coscienti di quello che possono fare ma senza scorciatoie. E questo vale perfettamente anche per chi fa impresa».

Didascalie

Monsignor Adriano Vincenzi, presidente della Fondazione Giuseppe Toniolo e della Fondazione Segni Nuovi, è il fondatore e animatore del Festival della dottrina sociale della Chiesa cattolica, che si tiene in novembre a Verona.

Il presidente dell’Associazione San Giuseppe Imprenditore a colloquio con monsignor Vincenzi.